Coltrane, la ricerca infinita

John Coltrane

All'inizio degli anni sessanta si impone il genio di John Coltrane, instancabile sperimentatore di nuovi linguaggi, sassofonista dalle sonorità dirompenti e dalle torrenziali improvvisazioni.

 

Coltrane, la ricerca infinita

Tensione nei ghetti

Gli anni della formazione

L'esperienza continua

Nel quintetto di Miles Davis

L'arrivo a New York

Nasce il quartetto

La grande avventura dello spirito

Una contesa tra i discografici

Lenzuola di suono

Privilegi e obblighi di una star

Birmingham,Alabama

Il ritorno al Village Vanguard

 

 

 

NASCE IL QUARTETTO

Il batterista Philly Joe Iones

Gli anni sessanta si aprirono per Coltrane con il coronamento del suo sogno: fu infatti allora che prese vita il suo quartetto, nel quale riunì il pianista McCoy Tyner, il contrabbasista Steve Davis e Billy Higgins, uno splendido virtuoso della batteria che si era fatto notare al fianco di Ornette Coleman. Ma come batterista Trane avrebbe desiderato Elvin Jones, che in quel momento stava scontando una condanna per abuso di stupefacenti. Quando fu scarcerato, il gruppo acquistò finalmente l'assetto ideale: Tyner, pianista dotato di splendida tecnica e capace di scandire bassi profondi; Davis, contrabbassista di poche note capaci di creare grandi spazi per il solista; e appunto Jones, straordinario suscitatore di temi, perfetto nella scansione del tempo ma anche abile costruttore di fitti telai ritmici. Con loro, dal 21 al 26 ottobre 1960, Coltrane registrò due temi che sarebbero diventati i suoi preferiti, soprattutto il primo, un valzerino intitolato My Favorite Things: Trane vi dimostrò un'improvvisa tenerezza, abozzò la melodia, la costruì e l'abbandonò per dare libero sfogo a un'improvvisazione di magnifica intensità, per poi tornare alla melodia e ancora all'improvvisazione. Il secondo tema era Summertime, la quieta ninna nanna con la quale Gershwin aveva aperto Porgy and Bess: Coltrane, che ne sdegnava la dolcezza, la rilesse con slancio primitivo e con un'aggressività colma di temi esistenziali.

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Coltrane la ricerca infinita

 A New York gli anni sessanta si aprirono con violente manifestazioni popolari: i neri del ghetto di Harlem chiedevano il rispetto dei loro diritti e una migliore qualità della vita, e altrettanto facevano i poveri di razza bianca. Dal 1954 la Grande Mela era guidata dal sindaco Robert Wagner, che nel 1965 lasciò il posto a John Lindsay. Ma la vera eminenza grigia della metropoli era in quegli anni Robert Moses, il costruttore che per erigere il Lincoln Center aveva fatto demolire quasi duecento edifici provocando il trasferimento in massa di un'intera comunità ispanoamericana. Per trentaquattro anni nessun sindaco riuscì a tenergli testa, eppure alla camera di primo cittadino si erano avvicendati uomini come La Guardia, O'Dwyer, Impellitteri, Wagner e Lindsay. Solo più tardi, quando Moses aveva ormai settantanove anni, Nelson Rockfeller, governatore di New York, e suo fratello David, presidente della Chase Manhattan Bank, riuscirono a fermarlo. Come ha scritto Jerome Charyn in Metropolis, "Moses creò una città fantasma e lasciò una profonda cicatrice lungo la spina dorsale del Bronx. Avrebbe devastato anche la punta di Manhattan e stravolto coi bulldozer Gramercy Park e la maggior parte del Greenwich, se soltanto ne avesse avutto l'opportunità".

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Tensione nei ghetti

 

Negli anni sessanta New York era dunque controllata più dal potere economico che da quello politico e amministrativo: questa situazione fece crescere il disagio dei cittadini e soprattutto quello delle comunità più deboli, che in molti casi si ribellarono provocando disordini nei ghetti. Nel 1963 duecentocinquantamila persone, nere e bianche, parteciparono a una marcia si Washington chiedendo lavoro, libertà e democrazia. Il presidente John Kenedy, che sarebbe stato ucciso a Dallas nel novembre dello stesso anno, varò allora un progetto di legge contro la discriminazione razziale, mentre nel paese si andavano riunendo autentiche formazioni paramilitari nere. A una di queste organizzazioni, i Musulmani neri, si legò anche Malcolm X, che assunse il nome islamico di El-Haji Malik El-Shabbaz. Malcolm X fu ucciso nel 1965 alla fine di un comizio alla Audubon Ballroom di New York. Qualche anno più tardi, nel 1968, fu assassinato anche Martin Luther King, leader dei neri moderati. La situazione era molto tesa, anche perchè a metà del decennio gli Stati Uniti entrarono in guerra con il Vietnam scatenando durissime polemiche. Molti musicisti denunciarono nelle loro opere ciò che stava accadendo a New York e in tutto il paese. J. B. Lenoir cantava in un blues "Mio Dio, se ascolti la mia preghiera, aiuta i fratelli nel Vietnam", ma già nel 1958 il sassofonista Sonny Rollins aveva composto la Freedom Suite e nel 1960 il batterista Max Roach aveva scritto We Insist! Freedom Nov Suite. Fu questo il clima nel quale John Coltrane creò le sue opere più impegnative, anche se alla militanza politica preferiva la ricerca e la meditazione sui grandi temi del pensiero e dello spirito. Eppure non era un filosofo, e neanche un predicatore.

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Gli anni della formazione

 

Nato e cresciuto in un ambiente molto modesto, Coltrane aveva dimostrato fin da ragazzino una grande passione per la musica. Il nonno era pastore metodista a High Point, un piccolo centro del North Carolina fondato dai quaccheri; il padre era un sarto con la passione per la musica; la madre avrebbe voluto fare la cantante. Nel 1943, a diciassette anni, dopo aver studiato a scuola il clarinetto che suonava alla maniera di Artie Shav, se n'era   andato a Philadelphia e aveva continuato a studiare passando al sax contralto. Ma la guerra non risparmiava nessuno dei giovani e anche Coltrane era stato chiamato sotto le armi: destinato alle Hawaii, aveva svolto il servizio militare nella banda della marina. Al ritorno aveva ripreso lo studio del contralto cercando di imitare Johnny Hodges, il numero uno dell'orchestra di Ellington. Erano gli anni del be bop, ma Coltrane non era abbastanza preparato per affrontare quella musica che faceva delle difficoltà tecniche uno dei suoi fondamenti stilistici. Così aveva accettato un ingaggio in un gruppo di rityhm' n' blues, dove era anche passato al sax tenore. Nel 1947 aveva avuto l'occasione di suonare con Charlie Parker, uno dei padri del nuovo jazz; due anni dopo era entrato nell'orchestra di Dizzy Gillespie, dove tuttavia non gli era mai stato permesso di prendere un solo.Nella formazione di Gillespie, Coltrane aveva conosciuto il tenorsassofonista Williams Evans, che in seguito avrebbe assunto il nome arabo di Yusef Lateef in segno di protesta contro la società bianca. Fu lui il primo a parlargli di religioni orientali, di storia, di filosofia, a fargli leggere il Corano e la letteratura islamica.

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L'esperienza continua

Alla fine del 1950 Gillespie era stato costretto a sciogliere l'orchestra e nel 1951 aveva fondato un sestetto. Coltrane era rimasto con lui, ma dopo pochissimo tempo era stato licenziato perchè aveva cominciato a fare uso di alcol ed eroina. Forse a spingerlo verso la tossicodipendenza era stata la frustrazione di non riuscire a fare la musica che già covava nell'animo; del resto in quel periodo quasi tutti i jazzisti si rifugiavano nelle droghe. Tornato a Philadelphia, Coltrane aveva cominciato a suonare in una mediocre band locale di rhytm' n' blues. In seguito aveva avuto un colpo di fortuna: agli inizi del 1952 era infatti stato ingaggiato da Earl Bostic, altosassofonista e direttore di un gruppo di rhytm' n' blues di buon livello; la paga era buona, la musica anche. Nel 1953 Johnny Hodges lo aveva poi voluto nel ruolo di tenorista nella sua formazione e Coltrane aveva accettato con entusiasmo: l'incarico gli avrebbe consentito di imparare la tecnica di colui che considerava un maestro. Coltrane era ormai un sassofonista completo e in più non si stancava mai di esercitarsi. Ma la droga gli giocava brutti scherzi: a volte si addormentava durante le prove, a volte dimenticava la parte; e così nel 1954 aveva dovuto lasciare anche Hodges. Il bisogno di eroina e di alcol diventava sempre più pressante; mangiava molto, ingrassava, gli doleva sempre lo stomaco, i denti si erano cariati e anche la musica andava male. L'unico momento di luce fu in quell'anno l'incontro con una ragazza, Juanita Grubbs. Anche lei, come William Evans, come Coltrane e come molti altri musicisti neri, si era convertita all'Islam e aveva preso il dolce nome di Naima, un nome che è rimasto nella storia del jazz per la composizione che Coltrane le ha dedicato.

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Nel quintetto di Miles Davis

Il sassofonista Sonny Rollins

Nonostante la sua dipendenza dalle droghe, Coltrane riusciva a volte a suonare al fianco dei grandi: con Miles Davis, che era il trombettista emergente, e con Sonny Rollins, il tenorista al quale tutti guardavano. Davis, che si apprestava a formare un suo quintetto con il pianista Red Garland, il contrabbassista Paul Chambers, il batterista Philly Joe Jones, aveva voluto al tenore proprio Sonny Rollins. Il gruppo aveva debuttato al Cafè Bhoemia di New York ma anche Rollins, allora, non era affidabile: un giorno aveva addirittura deciso di ritirarsi, di scomparire, di cambiare vita. Così aveva fatto, lasciando Davis senza la grande voce del suo sax; e in quella occasione Philly Joe Jones aveva suggerito a Davis il nome Coltrane. Il giovane sassofonista era stato subito assunto, anche se sul piano umano non vi erano concordanze possibili tra lui e Davis: Coltrane, assetato di sapere, sfornava domande in continuazione; MIles, come era nel suo carattere, non rispondeva o lo faceva a monosillabi. Questo atteggiamento creava a Coltrane un grande disagio: lui era portato a razionalizzare la musica, a sistematizzare il lavoro, a cercare i concetti matematici che sostengono una partitura. Comunque, nel 1955 era entrato in sala d'incisione con Davis: la musica era fresca e sembrava creata con straordinaria spontaneità. Coltrane suonava bene, ma si poteva avvertire nel suo suono qualcosa che lo imbrogliava. Nel 1956 il quintetto aveva realizzato altre incisioni dove Coltrane era finalmente affiorato: nel clima limpido creato da Davis, si era inserito con una sorta di lamento che sembrava avulso dal contesto. Ed erano iniziate le polemiche. Molti suggerivano a DAvis di liberarsi di Coltrane, ma il trombettista aveva capito che quel ragazzo stava maturando qualcosa ed era curioso di assistere al parto, magari per rivendicarne poi anche la paternità. Davis, però, non tollerava che Coltrane facesse uso di droghe e aveva preteso che si disintossicasse. Il sassofonista non aveva reagito e così alla fine del 1956 Davis lo aveva letteralmente cacciato.

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L'ARRIVO A NEW YORK

Coltrane- che gli amici cominciavano a chiamare Trane, un nome che suonava come train, treno, per via della potenza con la quale il sassofonista si esprimeva - non era rimastosenza lavoro; era anzi molto richiesto in sala di registrazione e inoltre partecipava spesso ai contest di sax, uscendone sempre vincitore. Nel settembre del 1958 si ra poi rivelato anche come compositore, incidendo un album -Blue Trane- nel quale aveva posto come base una struttura di blues assolutamente classica per poi improvvisarci sopra in modo straordinariamente complicatoIntanto aveva lasciato Philadelphia e si era trasferito definitivamente a New York: Monk lo aveva ingaggiato nel suo quertetto, poi Davis lo aveva cercato ancora e lui Coltrane aveva inciso quel King of Blue che è diventato una pietra miliare nella storia del jazz. Coltrane cominciava ad avvertire l'esigenza di guidare una formazione sua. Voleva musicisti con i quali esprimere le idee che aveva maturato. La sua casa si andava riempendo di libri: leggeva tutto, assimilava tutto e cercava di riversare tutto nella sua musica. Inoltre aveva scoperto il sax soprano, strumento che proprio Miles Davis gli aveva regalato nel 1960.

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LA GRANDE AVVENTURA DELLO SPIRITO

 

Cominciava con queste incisioni la grande avventura degli ultimi anni di Trane, sempre più affascinato dalle religioni orientali e sempre più consapevole della necessità della pace fra gli uomini. La sua musica, che non aveva intenzioni politiche, appariva tuttavia perfettamente legata a quegli anni di disagio sociale, sembrava rivoluzionaria, ribollente di spirito polemico. Ma la polemica di Coltrane era più alta, più generale e per nulla legata ai movimenti di contestazione: il sassofonista volava alto verso la spiritualità. Lo attraeva la musica indiana, ma anche l'Africa gli suggeriva spunti di meditazione. Per la prima gli era maestro il sitarista Ravi Shankar; per la seconda il percussionista nigeriano Babatunde Olatunji.

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Il tenorsassofonista Archie Shepp, fu uno dei protagonisti delle avanguardie degli anni sessanta

 

UNA CONTESA TRA I DISCOGRAFICI

Nel 1961 Coltrane, che fino ad allora aveva inciso per la Reprise e per la Atlantic, firmò un contratto con la Impulse, una nuova etichetta che aveva progetti ambiziosi e che accettò di fargli registrare un disco con una grande formazione. Nacque così Africa-brass, un album che conteneva solo tre titoli per i cui arrangiamenti Coltrane si rivolse a Eric Dolphi, un giovane e geniale sassofonista che aveva lavorato con Mingus. Mentre era immerso nella lavorazione di Africa-Brass, la Atlantic si fece avanti rivendicando un'inadempienza contrattuale: Trane doveva all'etichetta ancora un disco. Così John riunì il suo quertetto, con Art Davis al posto di Steve DAvis e con in più Dolphy, il trombettista Freddie Hubbard e un secondo contrabbassista, Reggie Workman. Il titolo scelto per il disco fu Olè, per via di una melodia spagnola -Venga vallejo- usata da Trane per dar corpo a un affresco dai colori cupi. Dal canto loro i discografici della Impulse ebbero l'idea di registrare la musica di Coltrane anche dal vivo; così gli procurarono un ingaggio al Village Vanguard e il sassofonista vi si esibì dal primo al 5 novembre 1961.

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LENZUOLA DI SUONO

 

In Live at the Village Vanguard -questo il titolo del libro- Trane riduceva i temi all'essenziale, per poi dilatarli con burrascose improvvisazioni. Il sassofonista vi esplorava brani come Impressions, che muoveva dai due semplici accordi usati da Miles Davis per il celebre So What, e come India, nel quale esplodeva una sorta di canto onirico. A quel punto della carriera Trane era al massimo delle sue possibilità: si avverte in queste improvvisazioni un totale abbandono, un'inedita visceralità, quasi che non fosse più il musicista a condurre il gioco ma piuttosto lo strumento. Questo fitto tessuto di note steso sulla sezione ritmica ebbe anche un nome: sheets of sound, "lenzuola di suono". In più Trane sorprendeva per certi effetti della sua musica che parevano assolutamente originali: ciò dipendeva dall'uso della modalità, che aveva scoperto negli anni cinquanta grazie a un libro di George Russel, The Lydian Chromatic Concept of Tonal Organization. Il sistema modale gli consentiva di muoversi con estrema libertà attraverso un numero di scale molto superiore a quello che si usava sia nella musica colta, che nel jazz tradizionale. Inoltre sulla modalità si fonda anche la musica etnica, e ciò permetteva a Trane di esplorare quei generi indiani e africani che lo affascinavano.

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PRIVILEGI E OBBLIGHI DI UNA STAR

Nel 1962 il contrabbasso fu affidato a Jmmy Garrison, Dolphy andò via e Trane ricostituì il quartetto: My Favorite Things, intanto, aveva raggiunto le cinquantamila copie vendute. Ciò fece del sassofonista una star, con molti vantaggi ma anche con alcuni obblighi verso la casa discografica, che lo costrinse a incidere due dischi per lo meno discutibili: il primo in duo con Ellington al piano, il secondo con il cantante Johnny Hartman. Altre cose realizzò invece insieme al quartetto con risultati splendidi: per esempio After the Rain, una sorta di inno alla gioia nel quale Trane, come avrebbe poi fatto in altre incisioni, sembra abbandonare il ritmo, per sottintenderlo senza esprimerlo.

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BIRMINGHAM, ALABAMA

 

Il 15 settembre 1963, a Birmingham, Alabama, una piccola chiesa battista colma di fedeli neri saltò in aria: un razzista aveva deposto nel sotterraneo un pacco di dinamite. Quattro ragazze morirono, quattordici persone rimasero ferite. Coltrane, sconvolto dalla violenza, entrò in studio e incise Alabama, un requiem per le vittime, una preghiera appena bisbigliata con commozione. Poco dopo Elvin Jones fu di nuovo arrestato e Coltrane dovette sostituirlo prima con Philly Joe Jones e poi con Roy Haynes, due ottimi batteristi con i quali tuttavia non riusciva a intendersi bene. Il capolavoro, comunque, arrivò alla fine del 1964. In quel periodo Trane sentiva acutissimo il bisogno di Dio e la sua ricerca stava diventando sempre più spasmodica. Fu proprio durante uno di questi momenti di crisi che nacque A Love Supreme, un inno sublime che fece precedere, nella presentazione del disco, da un ringraziamento a Dio e da una semplice poesia. L'opera era divisa in quattro parti: Acknowledgement, Resolution, Pursuance e Psalm; Coltrane vi improvvisava con un dialogo asciutto, quasi timoroso, come se davvero fosse al cospetto di Dio, ma il suo linguaggio era intenso, fascinoso, colmo di luci. Un grande effetto fece anche il lavoro di Elvin Jones, nel frattempo uscito dal carcere, che sotto la voce del sassofono creò un fitto tessuto connettivo.

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IL RITORNO AL VILLAGE VANGUARD

Nel 1965 Trane registrò di nuovo dal vivo al Village Vanguard Naima e l'ormai classico My Favorite Things. Le due incisioni rispecchiavano il suo stato d'animo: sembravano infatti fiori un pò appassiti, come se quell'impulso trascinatore che lo aveva divorato si fosse esaurito. In quel periodo un giornalista gli chiese: "Cosa vorrebbe essere fra dieci anni?". "Un Santo" rispose con un fil di voce. Già in quei giorni il fegato gli doleva, ma lui soffriva in silenzio. Si era liberato dall'eroina e dall'alcol, ma i danni erano irreparabili. Il 17 marzo incise l'ultimo disco, Expression. In maggio, dopo una crisi violenta, accettò di farsi ricoverare, ma subito telefonò ad Alice, la seconda moglie: "Vieni a prendermi, sono pronto ad andarmene". A tornare a casa o a volare fra quegli angeli-diavoli che aveva disegnato con le sue musiche?

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