NEW ORLEANS |
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Crocevia di popoli e di culture, tramite fra le Antille, l'America Latina e gli Stati Uniti, punto d'approdo degli schiavi neri, è uno dei luoghi d'origine del jazz. La nuova musica nera nasce nei caffè del quartiere francese, nei bordelli di Storyville, nelle strade del ghetto. E' qui che nei primi decenni del secolo si forma Louis Armostrong, il futuro "re del jazz".
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C'era una volta, nel cuore della Back o' Town, ovvero nel quartiere più povero di New Orleans, in una stradina senza storia chiamata James Aleey, una casetta di legno. In qualche tempo lontano qualcuno le aveva dato una mano di vernice blu, ma anni e temporali ne avevano slavato il colore. In quella casupola nacque Louis Armstrong, il futuro "re del jazz". James Alley era posta fra Perdido Street e Gravier Street, ma se qualcuno volesse cercare quella casa non la troverebbe: la topomastica è molto cambiata e in più quelle costruzioni di legno, ancora oggi numerose a New Orleans, bruciano facilmente. La casa era della nonna paterna, Josephine, con la quale vivevano il figlio Willie e la nuora Mayann. Ma i due litigavano spesso e così, proprio pochi mesi dopo la nascita del piccolo Louis, se n'erano andati: Willie con un'altra ragazza e Mayann a fare la prostituta al Liberty Street. La data di nascita ufficiale di Armstrong è il 4 luglio 1900 e anche qui c'è un piccolo mistero. Pare, infatti, che sia nato in realtà un anno più tardi, o addirittura due anni prima. Artefice del mutamento anagrafico sarebbe stato Joe Glaser, il suo impresario, che voleva, in tal modo, proiettare il suo pupillo nel mito: l'inizio del secolo era l'alba di un mondo nuovo che si annunciava gravido di promesse; il 4 luglio, festa dell'Indipendenza, alludeva alla maggior dote degli americani, lo spirito di libertà. Dunque un piccolo falso per giovare a un giovane artista che peraltro non aveva alcun bisogno di spinte: Glaser, del resto, si sarebbe macchiato di ben altre colpe. Salvo i primi tempi, fu lui a gestire l'arte e la vita di Armstrong, in modo finanziariamente molto accorto, soprattutto per se stesso, ma anche a rischio dell'incolumità fisica ed artistica del suo protetto, spingendolo spesso verso quello "zio tomismo" che era già nella sua natura. Menu |
La carriera di Armstrong cominciò presto e con un incidente spiacevole. Doveva essere il 1913. Ma lasciamo raccontare a lui stesso quello che accadde: "Per tutto il periodo di Natale e di Capodanno" diceva "New Orleans era in festa. Cortei, fuochi artificiali, grande ressa nelle strade. Ed era normale sparare con fucili e pistole per fare chiasso, anche se l'uso delle armi non era permesso. Avevo trovato una vecchia pistola in fondo ad un baule di mia madre. Così, una sera, ero uscito con gli altri ragazzi e avevo portato l'arma con me. Avevamo deciso di cantare nelle strade per fare un pò di spiccioli e stavamo facendo il nostro concertino in Rampart Street quando dall'altra parte della strada un tizio si era messo a sparare. Fagliela sentire tu, mi avevano gridato gli amici e io, pronto, avevo risposto al fuoco con qualche pistolettata.Avevo ancora l'arma in mano quando mi ero sentito afferrare alle spalle da due mani di ferro: era un agente e non si era lasciato intenerire dalle mie lacrime. E' così che sono finito al riformatorio". Un bene, perchè in quella scuola-prigione un certo Mr Peter Davis lo aveva fatto entrare nella banda, dapprima con un tamburello, poi con un sassofono contralto, infine con una tromba. Uscito dal riformatorio, Louis era andato a vivere prima con il padre, poi con la madre, e così aveva cominciato a frequentare il bordello di un certo Henry Ponce che lo aveva anche spinto a suonare. Menu
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Gli inizi del futuro "re del jazz", dunque, non fanno che confermare lo stato di indigenza in cui visse da ragazzo. E fu proprio la vita sulla strada, il mestiere di Mayann, non particolarmente vergognoso nella New Orleans dei neri dove in qualche modo bisognava sopravvivere, ma instabile e precario, a marchiarne il carattere. Mayann aveva poi lasciato la città per lavorare in una segheria della Florida e in casa era apparsa una cugina, Flora Miles, una bella ragazza di diciannove anni che un bianco aveva messo incinta per poi dimenticarsi di lei. Il giovane Louis, dunque, si era trovato a essere quasi un capofamiglia e a dover provvedere anche al figlio di Flora: era il solo che, un pò scaricando carbone, un pò vendendo giornali, un pò suonando, riusciva a fare qualche dollaro. Flora era morta nel giro di un anno, lasciando al cugino l'incarico di allevare il piccolo Clarence. Insomma un bel pasticcio per quel ragazzo che ancora non era riuscito ad affermarsi. Un pasticcio che segnò duramente tutta la sua vita: Clarence cadde da un ballatoio rimanendo handicappato e Louis non soltanto se ne prese cura ma, una volta giunto la successo, finanziò un istituto per bambini handicappati. Menu |
In città i luoghi dove un jazzista poteva trovare lavoro erano le sale da ballo oppure i bordelli e anche questi si dividevano in due diversi gruppi. Quelli di Storyville, il quartiere delle luci rosse, aperto da Alderman Story nel 1897 per concentrare in un unico luogo la prostituzione, e gli altri sparsi qua e là nel quartiere povero. Storyville era una zona al centro del Quartiere Francese e vantava case di tolleranza addirittura lussuose: la Mahogany Hall di Miss Lullu White, una octoroon -così erano definiti coloro che venivano dalle Indie Occidentali ed erano creoli di rara bellezza- e la casa della contessa Willie Piazza, tanto per citarne due celebri. Louis aveva cominciato coi locali più poveri dove le risse erano continue, frequentati com'erano da ladruncoli, magnaccia, giocatori senza fortuna, bari, tutta gente dal coltello pronto. Poi, a poco a poco, era riuscito a entrare in locali più eleganti, anche se in questi ultimi si preferivano i pianisti ai gruppi orchestrali e le formazioni creole, che facevano una musica più soft, a quelle nere. I creoli avevano un certo potere in città. Erano figli di bianchi e i genitori, nonostante i pregiudizi, avevano sempre avuto un occhio di riguardo per loro. Poi il razzismo si era fatto più duro e anche i creoli avevano perso molti dei loro vantaggi. Appartenevano, comunque, sempre a una sorta di aristocrazia e occupavano ancora i posti migliori. Storyville fu chiusa dal ministero della Marina nel 1917, in seguito al ferimento di due marinai in una rissa scoppiata nel quartiere. Menu |
In un sordito locale del quartiere nero, il Cafè, di proprietà di un certo Pete Lala, suonava Joe Oliver, grande maestro della tromba, diretto discendente di coloro che avevano cominciato a fare del jazz, Freddie Keppard, John Robichaux, Lorenzo Tio, Buddy Bolden, personaggio addirittura mitico finito in un manicomio, Mnuel Perez, e altri ancora. Bastano i nomi di questi capiscuola, un pò inglesi, un pò spagnoli, un pò francesi, a dare un'idea del clima cittadino. New Orleans era appartenuta a tutti, francesi, spagnoli e americani. La sua cultura era il frutto dell'assimilazione di pensieri diversi, costumi diversi; le sue famiglie vantavano legami, reali o fittizi, con grandi casati europei. Era insomma una città cosmopolita, dove a teatro si rappresentava il melodramma, dove esisteva una vita letteraria e dove si aprivano scuole per i rampolli della buona società. Così anche fra i ceti più poveri c'era una certa dimestichezza con il mondo esterno e più di un jazzista aveva orecchie ben aperte per afferrare arie e schemi delle altre musiche. Del resto il jazz non nasceva proprio dalla fusione di tante cose diverse? Dalla musica africana alla canzone europea, ma poi più direttamente dai suoni delle bande militari a quelli dei pianisti di ragtime? Menu |
Fra i tanti jazzisti, uno dei più attenti al diverso era Joe Oliver. La sua musica era incisiva, prepotente e dinamica, e sapeva cogliere le novità. Il giovane Armstrong si ra subito accorto delle qualità di quel trombettista. Aveva cominciato a frequentarlo, e a poco a poco aveva trovato in lui quel padre che in realtà non aveva mai avuto. Oliver non era certo un tenero. In più era avaro e nelle amicizie vedeva sempre lati oscuri. Da Louis, però, si era lasciato conquistare, regalandogli addirittura una vecchia tromba. Joe Oliver era nato nel 1885. Quindici anni dopo era già la prima tromba in una fanfara di ragazzi. Come avesse imparato nessuno lo sa, certo è che era diventato subito popolare. Di giorno faceva il cameriere in una casa borghese e di notte impazzava con la sua tromba ovunque lo lasciassero suonare. Ma ancora non riusciva a trovare un ingaggio fisso. Così, in una notte del 1910, si era messo in Iberville Street davanti al Cafè dove suonava Freddie Keppard e a poca distanza da un altro locale dove si esibiva l'orchestra di Manuel Perez, e aveva cominciato a soffiare nella sua tromba. Subito dalle scale del vicinato erano usciti i ballerini e lui, sempre suonando a perdifiato, aveva marciato alla conquista del Cafè. Da quella notte lo avevano chiamato King Oliver. Menu |
Joe Oliver non era un virtuoso. Tecnicamente aveva molte lacune, ma suonava in modo incalzante e componeva temi che piacevano agli appassionati, come I'm Lonesome, Sweetheart o com Mule Face Blues. La sua tromba cantava, sapeva trovare i giusti accenti per sottolineare situazioni sentimentali o per rendere eccitante il ballo. Bisogna pensare che il primo compito di questi gruppi musicali era proprio quello di far ballare, e Oliver sapeva i lfatto suo. La sua musica aveva a volte tratti maestosi, era suadente, creava atmosfera, ma riusciva anche a diventare frenetica, consentendo ai ballerini di esibire tutte le loro qualità ginniche. Le sale da ballo non erano luoghi per educande. Il mitico Budy Bolden addirittura incitava i suoi fan gridando: "Muovete i vostri culi, fratelli, prendetevi un aperitivo, in vista di ciò che verrà dopo". Oliver parlava poco, ma ciò che suonava aveva un pò lo stesso significato. C'era anche una certa carica di erotismo nella sua musica, un suono che veniva direttamente dalla grande tradizione delle orchestre novelty, le orchestre popolari di New Orleans, al quale si aggiungeva un nuovo dinamismo. Oliver sapeva anche scegliersi i compagni giusti, e così la sua orchestra era sempre al centro dell'attenzione. Peccato che la chiusura di Storyville avesse provocato la scomparsa di molti locali, costringendo i musicisti a cercare i loro ingaggi lontano da New Orleans. Si poteva ancora trovare un pò di lavoro sui battelli che percorrevano il Mississippi, ma la crisi condannava i più all'inattività. Così King Oliver era partito per Chicago, rassicurando Armstrong che, appena possibile, lo avrebbe chiamato a suonare con lui. Menu |
Quanto ad Armstrong, era riuscito a entrare nel complesso del batterista John Lindsay; quindi, a diciott'anni, era stato chiamato a far parte del gruppo del trombettista Kid Ory, uno dei più popolari nella città del Delta. Kid Ory, che era nato nel 1886 ed è morto nel 1974, non era uno straordinario strumentista. Al contrario la sua tecnica era pèiuttosto limitata e la sua fantasia pure, ma in compenso era un grande trascinatore, un trombonista da collettivo, quello che ci voleva, insomma, per quella musica che stava nascendo. Usava spesso dei poderosi glissati, traendo dal suo strumento suoni insoliti e aggressivi. Lo avevano chiamato tailgate style, quel modo di suonare. nel 1919 la tubercolosi lo aveva costretto a una breve interruzione dell'attività: i medici gli avevano consigliato il clima asciutto della California e lui era partito verso l'Ovest con alcuni amici musicisti. Menu |
Dopo la partenza di Ory, Armstrong era stato assunto da Fate Marable, che lavorava con la sua orchestra sui battelli a ruota che percorrevano il Mississippi. Queste grosse barche, attive soprattutto lungo la rotta Saint Louis-New Orleans, erano attrezzate come alberghi di lusso, con sale da gioco e con ogni possibile comodità. Ovviamente erano il regno dei biscazzieri, dei bari, delle prostitute, ma erano frequentate anche dalla borghesia bianca, ed era consuetudine a New Orleans che le giovani coppie di buona famiglia andassero in battello fino a Saint Louis per il viaggio di nozze. A bordo c'erano sempre almeno due orchestre: una che eseguiva il genere creolo -musica di intrattenimento, con violini e violoncelli- e un'altra che doveva dare ritmo e allegria a quanti volevano ballare. L'orchestra nella quale entrò Armstrong apparteneva a quest'ultimo tipo. Il modo di suonare di Armstrong, prima la cornetta e poi la tromba, aveva già a quell'epoca molte delle qualità che gli saranno in seguito riconosciute ampiamente. Armstrong cavava dallo strumento un suono chiaro, squillante, che poi riusciva a rendere ombroso per dare espressione al racconto musicale. Soprattutto, sparava degli acuti che ottenevano sempre un applauso. Il suo carattere si formò proprio durante i due anni trascorsi sui battelli. L'esperienza del ghetto lo aveva condizionato verso una sorta di immediata sottomissione ai bianchi, ma la convinzione, maturata lentamente, di possedere una personalità artistica non comune lo aveva nello stesso tempo affrancato dal fantasma della discriminazione razziale. Suonando si liberò da ogni soggezione, dapprima musicale -nel senso che perse la sua venerazione per gli altri musicisti, di cui scopriva immediatamente i difetti- poi umana e sociale. Menu |
Già al suo rientro a New Orleans, Louis mise in luce la potenza della sua lucida sonorità, ponendo le basi per una prima rivoluzione del jazz: non più il caratteristico collettivo che derivava dalle bande militari, ma un solismo virtuosistico davanti al quale gli altri non potevano che fare da sfondo. Armstrong prendeva un tema qualunque della tradizione di New Orleans e lo trasformava in qualcosa di diverso. Cantava a voce spiegata con frasi che si allontanavano sempre più dall'originale, salvo tornare alla radice di tanto in tanto per ricordarla all'ascoltatore. Per esempio prendeva come base melodica la nota principale della prima frase del tema, inoltrandosi nel chorus con costanti variazioni dalle sottili differenze di ritmo e di inensità espressiva, pur riferendosi sempre al motivo base. Nonostante la grande tecnica, si espimeva con semplicità. Non aveva bisogno di sbalordire: qualcuno paragonò il suono della sua tromba a quello della tromba dell'Arcangelo Gabriele. Ne seguiremo la maturità quando raggiungerà King Oliver a Chicago e quando, dal 1925, comincerà a incidere con i suoi Hot Five. Menu |
Quando si parla delle origini del jazz si pensa subito allo stile New Orleans. Ma molti altri generi musicali preesistevano al jazz: fra questi, il novelty, il minstrel e il ragtime. Il novelty era caratterizzato da tempi veloci, da armonie complesse e da un clima virtuosistico e d'effetto, ma piuttosto banale. Il minstrel show era una sorta di varietà popolare che prendeva forma grazie a una grottesca parodia del mondo nero a opera di attori e cantanti bianchi truccati da neri. Il minstrel è certamente il padre del vaudeville e del burlesque e molti dei primi grandi jazzisti hanno cominciato proprio su un palcoscenico di minstrel: per esempio la celebre cantante di blues Ma Rainey, il pianista Jelly Roll Morton, il trombettista Hot Lips Page e perfino il sassofonista Lester Young, uno dei padri del jazz moderno. Il ragtime è una rilettura nera della musica classica. Pur essendo scritti secondo canoni europei, i rags lasciano comunque traspirare il dinamismo tipico della musica nera. A cavallo fra i due secoli il ragtime era entrato nel repertorio delle orchestre da ballo. Uno dei primi jazzisti, Pop Foster, diceva anche che "tutto quello che oggi si chiama jazz, agli inizi del secolo si chiamava ragtime". Menu |
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In origine la struttura di base delle jazz band era formata da una o due cornette, un trombone, un clarinetto, un banjo, una grancassa, un basso tuba e, spesso, un washboard, ossia un'asse per lavare per lavare sulla quale venivano piantate lastre metalliche. In seguito si era inserito il pianoforte; alla cornetta (usata dalle bande militari) si era preferita la tromba, al banjo la chitarra e alla tuba il contrabbasso. Lo stile New Orleans deriva da quello delle brass band, ovvero le bande militari e le bande cittadine che suonavano durante i raduni di carnevale, nei party sul fiume e al seguito dei funerali. Le brass band erano composte da oltre una ventina di musicisti che suonavano esclusivamente strumenti a fiato -divisi in ottoni, ance e bassi- e a percussione. Per ragioni di spazio e di economia, non potevano esibirsi nei locali notturni: così le orchestre si accontentarono di prendere dalle brass band solo lo strumento guida di ogni sezione dei fiati, ossia la tromba, il clarinetto e il trombone. La tromba (o la cornetta) eseguiva la melodia (quando si usavano due trombe, la seconda suonava o in armonia con la prima o in controcanto); il clarinetto si svincolava dal contesto con improvvisazioni bizzarre, spesso su un registro più acuto, e il trombone forniva una tessitura di contrappunti più bassi. I tre strumenti guida improvvisavano contemporaneamente: da qui deriva l'idea del jazz come musica democratica lasciata all'inventiva dei singoli. Quanto alla cosiddetta sezione ritmica, durante tutti gli anni Venti è rimasta assai vicina a quella delle brass band, accentando il primo e il terzo tempo della battuta. Inizio pagina |
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