CALABRIA

La regione era chiamata dai Romani Bruttium (Bruzio), perchè abitata dai Bruzi. il nome Calabria indicava invece la penisola salentina, in cui viveva il popolo dei Calabri. Nel Medioevo, durante la dominazione bizantina, questo nome fu esteso a un'ampia parte dell'Italia meridionale, per poi restringersi all'odierna Calabria quando l'arrivo dei Longobardi cacciò i Bizantini dalle altre regioni.

A partire dall'VIII secolo A.C. la Calabria è colonizzata dai greci, che fondano lungo le coste numerose città: tra queste Reggio, Sibari, Crotone e Locri. nelle zone interne vivono popolazioni italiche, tra cui i Bruzi.

La Calabria è luogo di combattimenti tra Romani e Cartaginesi per il controllo dello Stretto di Messina. Dopo la Seconda guerra punica cade sotto il dominio di Roma.

La regione è contesa da Bizantini e Longobardi ed esposta alle incursioni dei Saraceni. Conquistata dai Normanni nell'XI secolo, ritrova pace e stabilità politica. La sua storia si lega a quella di tutta l'Italia meridionale.

Con il dominio degli Spagnoli e poi dei Borboni attraversa un lungo periodo di decadenza economica.

L'unione al Regno d'Italia non migliora la situazione. La popolazione inizia presto a emigrare oltreoceano. I problemi economici e sociali perdurano nel Novecento e, dopo le guerre mondiali, l'emigrazione si indirizza verso l'Italia settentrionale.

Territorio, popolazione e città

Economia e società

Archeologia e arte

La Sila

Le coste della Calabria

Re Italo e L"Italia"

La Magna Grecia

 Alarico e lo spostamento del Busento

 

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 Territorio, popolazione e città

La Calabria si trova all'estremità sud-occidentale della penisola. Si allunga tra il Tirreno e lo Ionio, ed è separata dalla Sicilia dallo Stretto di Messina, la cui larghezza varia dai 3 ai 16 chilometri.

I monti, che formano l'Appennino Calabro, occupano gran parte della regione. A nord si trova il gruppo del Pollino, che culmina con i 2267 metri della Serra Dolcedorme. Parallela alla costa tirrenica si sviluppa la Catena Costiera, che il fiume Crati separa dall'altopiano della Sila, situato più all'interno. A sud ci sono le Serre, con i 1423 metri del monte Pecoraro. Di fronte alla Sicilia si innalza il massiccio dell'Aspromonte, che raggiunge il punto più elevato con 1955 metri del Montalto.

Le colline occupano circa la metà del territorio, e si estendono tra i monti e le coste.

Le pianure sono rare e si trovano lungo la costa, alla foce dei fiumi. La principale è la Piana di Sibari, alla foce del Crati, sullo Ionio. Vi sono poi le piane di Sant'Eufeania e di Gioia, sul Tirreno.

lo il Grati, il Neto, il Tacina e il Mesima sono fiumi dal corso abbastanza regolare. Gli altri hanno una portata estremamente variabile e sono detti fiumare.

Le coste ioniche sono per lo più basse e sabbiose; la costa tirrenica è invece alta e rocciosa, interrotta solo dalle foci dei fiumi. Ampi golfi si aprono lungo i 716 chilometri di coste: di Sa.nt'Eufemia e di Gioia sul Tirreno, di Squillate e di Taranto sullo Ionio.

Il clima è mediterraneo lungo le coste, più arido lungo il versante ionico e umido lungo il Tirreno. Sull'Appennino è invece continentale, con abbondanti nevicate invernali.

Dal secondo dopoguerra fino a oggi, la Calabria ha subìto forti emigrazioni verso altre regioni, a cui si sono aggiunti gli spostamenti interni verso le città principali. Oggi i suoi abitanti, poco più di 2 milioni, vivono soprattutto nei grandi centri. La densità demografica media è di 133 abitanti per km.

CATANZARO (95 251 ab.) è il capoluogo della Calabria dal 1971 ed è sede della giunta regionale. Sorge su uno sperone roccioso in vista del Mar Ionio. Fu fondata intorno al X secolo, probabilmente dai Bizantini. In passato si arricchì con l'industria della seta. Oggi la sua economia si basa sul terziario e sull'artigianato. Ha poche industrie, nei settori edilizio e alimentare.

REGGIO CALABRIA (180 353 ab.), sede del consiglio regionale, è la città più popolata della Calabria. Sorge sullo Stretto di Messina e, come la città siciliana, fu distrutta dal terremoto del 1908. È ricca di giardini in cui, grazie al clima mite, crescono piante esotiche. L'attività principale è l'agricoltura. Il porto rende possibili i collegamenti con la Sicilia, anche se i servizi principali fanno capo a Villa San Giovanni, 14 km più a nord.

COSENZA (72 998 ab.), nei pressi della Sila, è un centro agricolo e commerciale. È sede dell'Accademia Cosentina, fondata nel XVI secolo, e di alcune facoltà universitarie.

CROTONE (60010 ab.) è il principale centro industriale della regione. Nell'antichità fu un'importante colonia greca. Il luogo dell'acropoli è oggi occupato dal Castello cinquecentesco.

VIBO VALENTIA (33 957 ab.), come Crotone, è capoluogo di provincia dal 1992. Le sue prospettive di sviluppo sono legate soprattutto al turismo.

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Economia e società

La Calabria è una delle regioni più povere del nostro paese. Il reddito pro capite è il più basso in Italia (€ 12 355), mentre il tasso di disoccupazione è il più elevato (24,6%). Per questo, sin dall'inizio del Novecento la regione ha conosciuto una crescente emigrazione, che si è ridotta solo negli ultimi anni. 

Numerosi sono gli addetti all'agricoltura (il settore primario, nel suo complesso, occupa il 112,4% dei lavoratori, la percentuale più alta in Italia). La natura del terreno, però, in gran parte montuoso e povero d'acqua, e le tecniche arretrate non consentono grandi risultati. Nelle scarse pianure lungo le coste, un tempo paludose e ora bonificate, e sulle colline si coltivano in modo estensivo viti (da cui si ricavano vini pregiati e ad alta gradazione alcolica), agrumi e olivi. Tra i prodotti tipici c'è il bergamotto, un agrume usato nella produzione di profumi. Discreta è inoltre la coltivazione di ortaggi, frutta, fiori, barbabietole da zucchero, mandorle e cereali. Le montagne dell'interno, in gran parte ricoperte di boschi, forniscono legname pregiato, in particolare castagno e abete (10% del totale nazionale), utilizzato per la costruzione di mobili.

L'allevamento, soprattutto di capre e pecore, è diffuso nelle regioni montane, ma anch'esso è poco redditizio. Nonostante la grande estensione delle coste, l'unico tipo di pesca importante è quella del pesce spada, praticata intorno ai porti di Scilla e Bagnara Calabra.

L'industria è tra le meno sviluppate d'Italia: in essa lavora infatti appena il 19,9% degli occupati. Importanti sono le centrali idroelettriche della Sila, alimentate in gran parte da bacini artificiali, che riforniscono anche la Sicilia. Le uniche industrie di un certo rilievo si trovano a Crotone (metallurgiche, meccaniche e chimiche) a Vibo Valentia (siderurgica), a Reggio Calabria e a Lamezia Terme. Nel resto della regione si trovano solo piccole e medie imprese, attive nel settore alimentare, tessile, nella lavorazione del legno e del sughero, e nei materiali da costruzione. Vivace è l'artigianato, in particolare tessile, della ceramica e dei mobili. 

Nel terziario, un posto di primo piano spetta al turismo , soprattutto lungo la costa. Qui si trovano infatti luoghi di grande bellezza naturale (Tropea, Paola, Amantea, Capo Rizzuto). Anche le località dell'interno cominciano a conoscere una certa popolarità, grazie ai parchi nazionali e agli impianti sciistici recentemente attrezzati sulla Sila e sull'Aspromonte. In generale, però, il turismo è ancora povero di strutture e servizi. Gran parte dell'occupazione nel terziario è garantita dal pubblico impiego. Il commercio è invece limitato ai prodotti di consumo, destinati per lo più ai piccoli negozi.

Le comunicazioni autostradali (autostrada Salerno - Reggio Calabria) e ferroviarie sono sviluppate lungo le coste. Poco collegate sono invece le regioni dell'interno e difficili sono gli scambi tra la costa tirrenica e quella ionica. I trasporti marittimi sono incentrati sullo Stretto di Messina, dove è attivo un servizio di traghetti che collega Villa San Giovanni e la Sicilia. Si tratta però di un servizio ancora insufficiente, soprattutto d'estate, per il grande traffico commerciale e turistico. Al porto di Crotone, che fino a pochi anni fa era l'unico di rilievo, si è aggiunto recentemente quello di Gioia Tauro, specializzato nello smistamento dei container. I trasporti aerei sono garantiti dai due aeroporti di Lamezia Terme e Reggio Calabria.

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 Archeologia e arte

II turismo della regione può contare su coste e bellezze naturali, ma non sono da dimenticare le ricchezze archeologiche e artistiche, anche se in parte distrutte dai terremoti. Particolarmente conosciuti sono i Bronzi di Riace, statue che sono state ritrovate in mare nel 1972 e che testimoniano l'epoca di colonizzazione greca della regione. I Bronzi di Riace si possono oggi ammirare nel Museo Nazionale di Reggio Calabria, che conserva anche molti altri importanti reperti archeologici. Di grande interesse archeologico e storico sono inoltre i resti della città greca di Sibari, distrutta nel 510 a.C. e riportata alla luce a partire dalla fine dell'Ottocento. Tra gli interessanti monumenti artistici c'è invece la Cattolica di Stilo, una famosa chiesa bizantina del X secolo, in provincia di Reggio Calabria.

All'inizio degli anni Settanta, nella piana agricola di Gioia Tauro si progettò di   creare un grande stabilimento siderurgico, con collegato il porto mercantile, per rilanciare l'occupazione. Il progetto nacque in un momento di grave crisi per l'industria dell'acciaio e si rivelò in realtà uno strumento delle organizzazioni   criminali per mettere mano sui grossi finanziamenti  pubblici. Lo stabilimento   non fu mai costruito, ma l'area fu disboscata, con grave danno per l'ambiente,e il porto rimase inutilizzato. Una decina di anni dopo l'enel tentò di convertire l'impianto in una centrale a carbone. Anche questa operazione si rivelò un beneficio per la malavita, che con appalti truccati si appropriò circa 80000 miliardi di lire (oltre 41 miliardi di euro), in gran parte frutto di finanziamenti pubblici.A metà degli anni Novanta, il porto di Gioia Tauro, affidato a imprese private, si è attrezzato per il trasporto di container: questi giungono via mare da ogni parte del mondo e vengono spostati su altre navi oppure su treni o TIR per essere inviati in vari paesi. II porto è diventato uno dei primi nel Mediterraneo in questo settore, garantendo, almeno in una certa misura, nuovi posti di lavoro.

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La Sila

II suo nome deriva dal latino silva, che significa «selva, bosco». Ancora oggi la Sila è un immenso bosco, il più grande dell'Italia meridionale. Si è soliti dividerla in tre zone:

- la Sila Greca, più a nord;

- la Sila Grande (o di Cosenza) al centro

- la Sila Piccola (o di Catanzaro) a sud, meno estesa e con cime più modeste rispetto alle prime due.

Si estende da nord a sud, parallelamente alla cosiddetta Catena Costiera, e forma una specie di spina dorsale che «sostiene» la Calabria tra il Mar Ionio e il Tirreno. È un insieme di paesaggio montano e di altopiano. II paesaggio montano si ritrova nei fianchi ripidi della catena appenninica; l'altopiano è nelle zone centrali, che hanno forme più arrotondate e altezze medie comprese tra i 1200 e i 1500 metri. Alcuni rilievi raggiungono i 1900 metri di quota.

Il paesaggio è tipicamente nordico ed è molto suggestivo, specialmente se si considera che ci troviamo al centro del Mediterraneo.

A bassa quota, la vegetazione è formata da fitti boschi di faggi e di cerri. A mano a mano che si sale in altezza, è caratterizzata da pinete a pino larici e da abeti bianchi.

D'inverno il bosco si ricopre spesso di un manto di neve e la sensazione di essere in un paese dell'Europa del nord è ancora più accentuata. Nonostante i due mari che la circondano rendano il clima più mite, sulla Sila si concentrano infatti correnti fredde. Questa catena montuosa è perciò una meta privilegiata per gli sciatori del sud. Per sfruttare il turismo sono stati costruiti numerosi alberghi, che ospitano i villeggianti sia nella stagione invernale sia d'estate. Nel periodo estivo, infatti, qui si può sfuggire alla temperatura afosa della costa e trovare ombra e frescura. 

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Le coste della Calabria

Lungo la costa calabra si trovano numerose cittadine il cui nome è preceduto o seguito dal termine Marino. Se ci si sposta poi verso l'interno, arroccati sulle montagne si scoprono dei paesi con lo stesso nome. Questo fatto ha una spiegazione nella storia del territorio. Fino all'inízio del Novecento, i paesi si sviluppavano lontano dalla costa, sia per sfuggire alla malaria sia per difendersi dagli attacchi dei pirati. Solo nel secondo dopoguerra, dopo la bonifica delle zone costiere, gli abitanti dell'entroterra si spinsero definitivamente verso il mare, in particolare verso lo Ionio, dove le rive sono meno scoscese. Dai centri abitati dell'interno si staccarono così nuovi insediamenti sul mare. Qui le attività più comuni erano l'agricoltura, l'allevamento e, in misura minore, la pesca. L'attività alberghiera e turistica ha avuto sviluppo soltanto negli ultimi anni. Anche per questo motivo le coste calabre hanno acque limpide e spiagge tranquille e poco frequentate. E non manca certo la scelta: alle coste ioniche, basse e sabbiose, si contrappongono quelle tirreniche, alte e scoscese. Amantea, Capo Rizzuto e Tropea sono alcune tra le mete più belle del turismo estivo.

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 Re Italo e L"Italia" 

La Calabria, per la sua posizione geografica al centro del Mediterraneo, fin dalle origini fu una terra di transito e di incontro. Molte popolazioni infatti giunsero qui da parti diverse e qui progressivamente si scontrarono, si sovrapposero, si fusero: tra questi popoli ricordiamo gli Itali, gli Enotri, i Bruzi e i Coni, di cui tuttavia conosciamo ben poco. Per quel che riguarda gli Itali, alcuni scrittori greci ci parlano di un loro re, Italo, che  gli avrebbe dato il nome alla regione. Si tratta in realtà di una figura leggendaria: i nomi «Italo» e«Itali», infatti, deriverebbero dal latino vitulus, che significa «vitello»; la Calabria sarebbe stata dunque chiamata in un primo tempo Vitulia (cioè «Terra dei vitelli», probabilmente perché in tale zona molto numerosi erano questi animali), da cui successivamente Italia. Questo nome venne nei secoli progressivamente esteso a territori più ampi fino a indicare il territorio dell'intera penisola.

 

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 La Magna Grecia

A partire dalla metà dell'VIII secolo a.C. (e fino al V, all'incirca), gruppi di abitanti della Grecia  e della ionia (regione costiera dell'Asia Minore) lasciarono la madrepatria per motivi politici ed economici, raggiungendo in gran numero le coste dell'Italia meridionale e della Sicilia, che erano molto vicine, dove fondarono importanti città. Queste colonie diventarono anche più fiorenti della madrepatria, tanto da meritare l'appellativo di «Ma­gna Grecia» (cioè «Grande Grecia»).In Calabria i Greci fondarono Rhègion (Reggio), Sybaris (Sibari), Kròton (Crotone), Lokròi Epi zefyrioi (Locri Epizefiri), che a loro volta diedero vita poi ad altre colonie, da esse dipendenti. Le città calabre della Magna Grecia raggiunsero un altissimo livello di civiltà:Sibari era la più ricca e popolosa città dell'antichità, nota per la raffinatezza dei costumi e per l'espansione dei commerci; a Reggio si affermò una delle scuole di scultura più prestigiose dell'antichità; a Crotone fiorirono ben due scuole, quella filosofico­scientifica e quella medica. Queste terre diedero legislatori, poeti, atleti, musici; qui vennero costruiti maestosi templi (come quello di Hera Lacinia, a Crotone, meta di pellegrinaggi periodici da parte dei Greci d'occidente) e splendi teatri (come quello di Locri, venuto nuovamente alla luce dopo secoli).L'influenza culturale greca, inoltre, si estese anche a quei popoli (Itali, Bruzi, ecc.), meno progrediti, che abitavano il resto della regione.  Dopo una coesistenza inizialmente pacifica, verso la metà del VI secolo a.C. le  città della Magna Grecia, tuttavia, entrarono in conflitto tra loro: Locri contro Crotone e Crotone contro Sibari, che alla fine venne distrutta completamente. Quando poi entrò nella sfera di influenza di Roma, la regione conobbe una decadenza inarrestabile: con l'ampliamento degli orizzonti mediterranei, perse lai sua centralità; le città diventarono municipi romani, uno indipendente dall'altro; lo sfruttamento selvaggio del territorio da parte degli aristocratici romani determinò infine la concentrazione dei centri vitali all'interno, con la conseguente decadenza delle città magnogreche della costa.

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 Alarico e lo spostamento del Busento

Comandante dei visigoti che erano stati accolti come federati all'interno delle frontiere dell'Impero romano, Alarico tentò di sfruttare, alla morte dell'imperatore Teodosio (395 d.C.), i  contrasti tra l'impero d'Oriente e quello di Occidente. Occupò dunque la penisola balcanica, ricevendo il titolo di governatore dell'lllirico da Arcadio (figlio di Teodosio, a cui era spettata la parte orientale dell'impero). Non soddisfatto, tuttavia, più volte tra il 401 e il 403 mosse con i suoi ver­so l'Italia, venendo però ripetutamente sconfitto. Nel 408, tuttavia, gli si ripresentò l'occasione per tentare una discesa nella penisola, compiendo dapprima un'azione sostanzialmente dimostrativa che lo portò a cingere d'assedio la città di Roma. Nel 410, deluso nelle proprie aspettative dall'imperatore d'Occidente Onorio, marciò nuovamente su Roma, in cui entrò il 24 agosto di quell'anno. II saccheggio durò tre giorni: sebbene i Visigoti fossero cristiani (anche se non cattolici) e fosse stato impartito loro l'ordine di non uccidere e di non devastare i luoghi di culto, certo le violenze e le morti non mancarono. L'impressione di questo avvenimento fu fortissima: parte della popolazione, fuggita nelle campagne, non sarebbe più tornata in città, mentre l'eco dei sacco di Roma arrivava in ogni parte dell'impero, suscitando grande sgomento. Sebbene Roma avesse cessato da tempo di essere la capitale, infatti, ne era ancora il simbolo. Terminato il saccheggio, i Visigoti di Alarico, carichi di bottino e portando in ostaggio Galla Placidia, sorella di Onorio, si diressero verso sud, con l'intenzione di raggiungere le coste africane per nuove invasioni e conquiste. Ma Alarico, allora quarantenne, colto da un'improvvisa malattia, morì nei pressi di Cosenza. Secondo la leggenda raccontata da uno storico goito, i suoi, per evitare che i Romani potessero violarne la tomba, in una notte deviarono il corso del fiume Busento, seppellendo nel suo letto Alarico insieme alle armi, al cavallo e al bottino del saccheggio di Roma (ma anche agli schiavi che  avevano lavorato, che avrebbero potuto rivelare il luogo della sepoltura), per poi ripristinare il normale corso delle acque. Ancora oggi c'è chi cerca di individuare il punto esatto della tomba di Alarico, con l'intento di impossessarsi di quel tesoro.

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